mercoledì 17 giugno 2009

Oggi scrivo: dell'incontro a Cascina Grande di Rozzano.

Artigianato è spesso sinonimo di qualità, va a braccetto con piccoli numeri e col legame al territorio d'origine. Se si parla di vino il discorso non cambia, anzi. Per vie traverse sono venuto a conoscenza dell'incontro che si è svolto sabato in una sala della Cascina Grande a Rozzano, appena fuori Milano e a due passi da casa mia. Incontro, appunto, con tre artigiani del vino: Alessando Dettori, Frank Cornelissen e Jean Pierre Robinot.
I vini di Cornelissen e Dettori li conoscevo di fama, vini che fanno discutere, che si amano o si odiano senza mezze misure. E questo, secondo me, è un ottimo biglietto da visita. Frutto di scelte radicali, portate avanti con coerenza per preservare la natura del vino, il suo essere figlio della terra, del vigneto e di chi lo produce. Perché il vino lo fa l'uomo, e anche le scelte meno interventiste ne caratterizzano il risultato.
Sono andato senza preconcetti ma pieno di sana curiosità, ho conosciuto Marco: simpaticissimo campano trapiantato a Milano che ha organizzato tutto. Eravamo non più di 10 persone, e mi son fermato li più di due ore.
Ho ascoltato molto, sia le parole che i vini. Vini che hanno molto da raccontare: paradigmatica l'interpretazione del cannonau di Dettori: 3 vigneti con età diverse che vanno dai 40 anni del Tudei, ai agli 80 (credo) del Tenores fino ai 120 e più del vigneto a piede franco dove nasce il Dettori. Vini molto caldi, arrivano in annate particolari anche a più di 17° alcoolici, che sulla carta spaventerebbero anche il più smaliziato tra i bevitori. In realtà ho trovato vini molto eleganti e territoriali: provate ad immaginare un vecchio vigneto sardo sotto il sole di agosto, assaggiate il vino e capirete cosa intendo. Provare per credere.
Robinot è un pazzo scatenato: si è presentato con una camicia di raso a scacchi bianchi e neri che molto probabilmente andava di moda nelle comuni degli anni '70. Peccato che io capisco il francese come il mio cane capisce il polacco. La conversazione è stata praticamente assente, mi sono limitato a degustare i vini in sequenza, ma senza dedicare loro l'attenzione che avrebbero meritato. Cercherò di rimediare in futuro.
Di Frank Cornelissen ci sarebbe da parlar per ore: belga trasferitosi in Sicilia anni fa, sulle pendici dell'Etna dove coltiva e vinifica nerello mascalese e altre uva locali. Vinifica in modo assolutamente naturale: senza solforosa, lieviti selezionati ne quant'altro di chimico ci possa essere. Quando la sera mia mamma a tavola ha bevuto il primo sorso del Contadino di Frank, senza sapere cosa fosse ha detto: "buono, sembra il vino del contadino". Nemmeno a farlo apposta. Il Contadino in particolare è un assemblaggio di varie uve locali, fa poi il Mongibello bianco e rosso e, da una vigna a piede franco con un'età stimata in 150 anni a 900 m. di altezza il Magma rosso. I vini di Frank sono molto minerali, la matrice vulcanica delle terre da cui vengono ne segna il profumi e il gusto
Il Magma è austero, delicato e potente allo stesso tempo, con un tannino fitto e molto elegante, il colore sembra quello di un barolo d'antan. Affascinate come pochi.
Incontro veramente interessante, se a te lettore dovesse capitare l'occasione non dubitare.
Alla prossima!

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