giovedì 16 giugno 2011

Oggi scrivo (perché ieri ho bevuto!): Terroir Vino 2011


Mi sento un po’ in colpa, sono stato a Terroir Vino e non l’ho detto a nessuno. Faccio finta che l’essere spaparanzato sulle spiagge dell’isola d’Elba senza computer sia una giustificazione accettabile…
Cosparso il capo di cenere vengo al dunque: Terroir Vino, edizione 2011.
Non starò a dirvi come e dove nasce, chi mi legge sicuramente conosce Tigullio Vino e i suoi meriti. I complimenti però si, questi non posso tralasciarli. Filippo Ronco ha trovato una formula che non fa una piega, la macchina organizzativa è millimetrica e senza sbavature. Complimenti, davvero.
Assaggiati moltissimi vini, la qualità media davvero alta.
Il mio podio:
- Rosso della giornata: Tenores 2006 Dettori: se non siete mai stati in Sardegna investite le 40euro circa che vi chiederà l’enotecaro di turno per il suddetto vino, stappate e riempite un calice. Chiudete gli occhi e portate il naso al bicchiere. Ecco, questo è quello che si sente la prima volta sbarcati sull’isola. Puro succo di Sardegna.
- Bollicina della giornata: Colline della Stella Extra Brut 2006, sboccatura 2009: tagliente, roccioso e minerale. Bolla di gran classe.
Secondi a pari merito il millesimato 2006 di Camossi e il Parosè de Il Mosnel.
Quest’ultimo prende il premio per il più bel colore visto nel bicchiere.
- Bianco della giornata: è stata dura, soprattutto perché come al solito ho perso gli appunti, ma alla luce (sfocata) dei ricordi metto sul podio l’Aiaperti 2009 di Vadiaperti: un fiano d’Avellino all’ennesima potenza.
Per dovere di cronaca segnalo anche l’unico, grosso e irrisolto punto di domanda della giornata: il Carlaz 2009 di Prima Terra, vermentino in purezza di Walter De Battè e soci, macerazione breve e affinamento in legno. Provato e riprovato non sono riuscito a trovarci altro che odore di zolfo, tutt’altro che piacevole.
Tra i mille-mila vini mi ricordo lo strepitoso pigato Bon in da Bon di Bio Vio, ma anche il base era niente male davvero. Meno il vermentino, forse un po carico e squilibrato. Sempre in Liguria molto interessanti i vini della Tenuta La Ghiaia a Sarzana, una nuova realtà seguita dal vulcanico Walter De Battè, le selezioni mancano forse un po’ di freschezza e dinamica ma rimangono gran belle bottiglie. Da seguire.
Sempre Prima Terra, quindi De Battè: il Cericò 2007, granaccia con un 20% di sirah elegante e profonda, delicata e affascinante. E’ stata l’unica bottiglia che mi son concesso di comperare.
Le Marne nel territorio del Gavi con l’ottimo base (Marne Bianco) che, onestamente, ho preferito alla selezione (Marne Oro), più morbida e carica. Quest’ultima però dimostra di poter sensibilmente migliorare con il passare del tempo.
Il Pozzoferrato di Storchi, lambruscone coloratissimo, secco e pieno. Per chi ancora avesse dubbi sulle potenzialità del tanto bistrattato vino. Poi un cabernet riserva fruttato e potente.
I Timorasso di Claudio Mariotto, grassi e minerali. Il Pitasso, ma anche il Derthona.
Strepitoso il Sauvignon Volgar di P. Dipoli, uno dei migliori assaggi in assoluto, non aggiungo altro.
Cascina Gilli tutta la linea, e sottolineo l’ottimo rapporto q/p dei prodotti. La malvasia Gilli poi dovrebbero commercializzarla in fusti refrigerati da 5 lt con cannuccia e spallacci per portarla in giro.
Singolare ma piacevole la nuova nosiola Fontanasanta di Foradori, vinificata e affinata in anfora, naso dolce (misteri della macerazione…) e bocca garbatissima. Buoni e diversissimi i due nuovi teroldego, anch’essi vinificati e affinati in anfore, dove la differenza tra i due vini è solo il vigneto, e bevendoli uno dopo l’altro è impensabile non rimanere stupiti dalle differenze (miracoli del terroir...).
I vini di Forti del Vento, nuova e valida realtà ad Ovada.
San Fereolo, l’ennesima conferma. Se mai ce ne fosse bisogno. Mi spiace solo di non aver potuto assaggire il Coste di Riavolo 2007, riesling in purezza in anteprima.
I verdicchio di Natalino Crognaletti: Vigna delle Oche Superiore 2009 da incorniciare. Riserva 2007 da nascondere in cantina.
I vulcanici aglianico della brava (e bella!) Sara Carbone e il singolarissimo metodo classico di Cinque Campi: spergola con un piccolo saldo di moscato giallo, macerazione di 12 giorni e 4 anni sui lieviti. Buono? Non so, a me è piaciuto. E poi Vanni è simpaticissimo.
Insomma, ho assaggiato tanto e tanto altro avrei voluto provare. Il tempo è tiranno purtroppo e in sette ore di più non ho saputo fare. In compenso ho incontrato tanta bella gente: amici di blog vecchi e nuovi, produttori, ristoratori o semplici appassionati. Tutti con il sorriso sulle labbra.
L’ultimo grazie è per Gigi, amico prima ancora che fido enotecaro.
Ci vediamo a Genova nel 2012  prima della fine del mondo, spero…

2 commenti:

  1. Ciao Gabriele,
    mi allaccio alla brutta esperienza col vino di De Batte'.
    L'autunno scorso ho bevuto al ristorante con amici una bottiglia di Armoge 2007.
    L'impressione è stata la stessa, zolfo e nient'altro.
    Mi dicono che De Battè lavora in riduzione, e poi col tempo il vino si apre.
    Quella bottiglia sapeva solo di zolfo e, una volta atteso, è sparito anche quello, risultato: non sapeva più di nulla.
    Non sono io che posso giudicare uno come De Battè, ma il vino si deve bere e la puzza sotto il naso durante l'assaggio mi ha dato fastidio.
    Qualcuno conosce il motivo ?
    Ciao.

    RispondiElimina
  2. Ciao Daniele, non saprei dirti. Nei vini di De Battè è la prima volta che sento una puzza così marcata e definita. In generale mi piacciono, sono vini ricchi di carattere, la granaccia che han portato in degustazione ad esempio.
    Certo che se avessi ordinato l'Harmoge come hai fatto tu e il risultato fosse stato lo stesso mi sarei irritato. E magari (magari...) mi sarei fatto cambiare la bottiglia.
    Detto questo attendo di essere illuminato da qualcuno più esperto e mi accodo alla domanda di Daniele.
    Intanto stapperò la bottiglia di Harmoge 2007 che ho in cantina.

    RispondiElimina