Una voce narrante introduce lo spettatore nell'ultimo film di Haneke: è la voce del maestro che nei primi del '900 si trovò a lavorare in un villaggio rurale della Germania dove avvennero strani avvenimenti.
Tutto iniziò una mattina quando il dottore del villaggio fece una rovinosa caduta da cavallo dovuta ad una corda tesa tra due alberi nel cortile di casa sua. Parte da questo fatto Haneke per disegnare con mano precisa una realtà dove la maschera della tradizione e della forma cela cattiveria, odio e rancore, dove l'esercizio del potere e dell'autorità trascende diventando la giustificazione di brutalità e soprusi. Dove non c'è responsabilità e l'accettazione passiva dell'abuso di potere si trasforma in voglia di vendetta indiscriminata.
I ragazzi del villaggio obbediscono senza fiatare a chi ha il diritto di calpestare la loro innocenza coscienti che prima o poi arriverà il loro turno. Questo sarà il seme che darà vita alla Germania nazista.
Haneke gira lento e solenne, in un bianco e nero tanto bello quanto inquietante, il rigore della forma diventa angoscia, un senso di inquietudine accompagnerà il film fino alla fine: il 28 giugno 1914.
Da stra-vedere.
1 giorno fa
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