martedì 26 febbraio 2013

Oggi scrivo: elezioni 2013, the day after

Sono e sono sempre stato uomo di Sinistra.
Quest'anno ho votato Grillo, dovrei essere contento.
Francamente non so se ridere o piangere...

lunedì 25 febbraio 2013

Oggi bevo: Franciacorta DOCG Dosaggio Zero 2007 - Faccoli

La mamma è sempre la mamma. Visto che domenica abbiamo festeggiato il suo compleanno mi è sembrato carino proporre un brindisi con una bottiglia d'eccezione.
Trofeo delle ultime scorribande in terra di Franciacorta, il Dosaggio Zero è la sintesi del Pensiero e dello Stile dell'azienda Faccoli, qui in un'annata "femmina" ma di grande qualità: paglierino dorato e perlage da manuale (ma davvero), elegante, secco e rigoroso.
All'nizio del suo cammino evolutivo ha già comunque equilibrio e personalità invidiabili.
Uno dei migliori Franciacorta che mi sia mai trovato a bere.

mercoledì 20 febbraio 2013

Oggi scrivo: la Franciacorta che mi piace (parte seconda): Az. Agricola Faccoli

Seconda tappa della gita Franciacortina ai piedi del Monte Orfano, azienda agricola Faccoli.
L'azienda di Claudio e Mario Faccoli è nata dal 1964 e vanta un nutrito gruppo di aficionados che ne cantano lodi ai quattro venti. Un motivo ci sarà, dico io.
Conosciamo Claudio Faccoli un sabato pomeriggio, sorridente, cordiale e divertente.
Pinot bianco in fase di potatura
La vigna di pinot bianco
La sua idea di vino si basa su tre punti fondamentali, inattaccabili: l'annata, il lievito e il dosaggio.
L'annata: tutti i suoi vini sono di fatto millesimati (hanno 5 o 6 ettari a vigna, per 50.000 bottiglie) e tutti hanno la stessa base, solo sul Dosaggio Zero verrà dichiarato il millesimo. Se l'annata è buona i vini saranno buoni, se l'annata lo è meno i vini anche.
Può sembrare un'ovvietà ma non lo è: a sentire colleghi e televisioni è sempre l'annata del secolo. Ammettere che non sempre è così è segno di onestà e coerenza.
Cos'è lo leggete da soli
Il lievito, ovvero l'affinamento in bottiglia: a Claudio piacciono i vini evoluti, piace l'azione del lievito sui vini. Più sta li e meglio è.
Il dosaggio: a Claudio piacciono i vini secchi. Anche il brut ha un dosaggio limitato ai 5/6 grammi di zucchero, ma soprattutto sono dosaggi poco invadenti: a parlare è il vino, non lo sciroppo aggiunto alla fine. Poi nessuna scorciatoia o passaggio particolare, pochi trattamenti in vigna e il meno possibile in cantina.
in cantina riposa qualcosa come 200.000 bottiglie...
Seduti al tavolo le aspettative erano - giustamente - alte.
Partiamo: brut base 2010 di due sboccature differenti. Meglio il secondo con tre mesi sui lieviti in più e un dosaggio leggermente più basso, ma si tratta di sfumature per un buon prodotto. Extra Brut e Rosè base 2009 hanno un'aromaticità che non mi aspettavo, storco un po' il naso. Claudio dice che dipende dall'annata e io ci credo. Lui fa il vino (bene), non i miracoli.
Claudio Faccoli nel suo caveau alla ricerca di un 2001
Poi stappa il Dosaggio Zero 2007: naso sui calici, un attimo di silenzio. Guardo prima Cristian, poi Marco. Standing ovation. Mamma mia che vino: dritto, salato, fiero, di un'eleganza rara. L'impressione è di star davanti ad un grande Franciacorta come se ne vedono (bevono) pochi.
Poi potrei raccontare della grande freschezza del Dosaggio Zero 2004 con quattro anni di tappo (in sughero) o dell'opulenza di un 2001 sboccato alla volée, ma ho deciso di fermarmi qui.
Meglio prendere la macchina e andare a trovarlo in cantina. Davvero, ne vale.

P.S.: l'azienda Faccoli NON fa Satèn. E io mi tolgo il cappello.

Oggi scrivo: la Franciacorta che mi piace (parte prima): Corte Fusia

Come ogni enofilo fighetto quando si parla di Franciacorta  storco il naso: vini ruffiani, poco carattere, spesso cari. Il viticoltore tipo è l'industrialotto che ha deciso di farsi la cantina perché il vino va di moda e il Franciacorta fa figo.
Poi capita che due amici decidano di andare proprio li, in Franciacorta, a visitare due cantine.
Perché se sbicchieri a Milano lo devi avere, il Franciacorta.
E sia: facciamo 'sto giro in Franciacorta.
Ritrovo alle 8.50 dei sabato mattina: Marco è fresco come una rosa, io ho i postumi di una cena di mezzanotte da Mc Donald e Cristian è ubriaco dalla sera prima. Yeah.
Zaino pronto: doppio panino con mortazza e boccia di Sorbara per merenda (caso mai ce ne fosse bisogno, non si sa mai).
Arriviamo a Coccaglio, ai piedi del Monte Orfano l'utimo monte prima della pianura e la formazione geologicamente la più antica. Li incontriamo Daniele, trent'anni più o meno, la prima metà di Corte Fusia.
Ci porta a vedere i nuovi impianti sul monte, proprio di fianco al convento dell'Annunziata dove nasce l'omonimo chardonnay di Bellavista. Qui è una zona particolare dice: le temperature sono mediamente più alte che nelle altre zone ma i terreni fanno la differenza.
Il vigneto è stato rimesso a nuovo con un gran lavoro di braccia e muretti a secco centenari raccontano che li la viticoltura è storia antica, io immagino il frutto di quella che sarà.
Il monte Orfano, nuovi vigneti
Daniele ne sa ed è convinto di quel che dice, la potenza del monte non sarà in bottiglia se no fra sei o sette anni, quando le viti inizieranno a dare i frutti giusti. Nel frattempo hanno un vigneto più in basso, certo, ma con il terreno giusto e piante di vent'anni.
Scendiamo in cantina, li ci aspetta Gigi: l'altra metà di Corte Fusia.
La cantina è bella e in corso d'opera, un cascinale preso in affitto dallo zio. I lavori quando possono li fanno loro, i soldi son quelli che sono. Non tutta la Franciacorta ha radici nell'industria.
Ed eccoci al dunque: finalmente si stappa. Il vino per ora è uno solo, il brut, le altre etichette verranno pronte col tempo. Comunque il brut è figo: in pratica è tra un extra brut e un dosaggio zero. Daniele molto candidamente dice di averlo etichettato così per due motivi: il primo è che quella è la SUA (loro) idea di Franciacorta brut, che lo zuccherò ci sia o no non è un problema. La seconda invece è che, anche potendo, non hanno voluto cavalcare l'onda e uscire sul mercato con un non dosato. Scelta che approvo e mi piace.
Gigi che stappa!

Un vino dritto, scattante, fresco, ben secco e molto piacevole. Uno spumante dove non devi girarci troppo attorno ma che bevi e soprattutto ribevi. Infatti lo abbiamo ribevuto, altroché...
Vespe e Lambrette
Alla fine siamo stati tanto bene  che la bottiglia di lambrusco (Leclisse di Paltrinieri, mica pizza e fichi) che avevo dietro l'ho regalata ai ragazzi. Poi siamo saliti in macchina e loro, Daniele e Gigi, ci hanno accompagnato alla seconda tappa del tour, direttamente da un loro collega li vicino.
Questa è la Franciacorta che mi piace...

Corte Fusia
328 8471276
338 4715169
Via degli Orti 2, Coccaglio (BS)

venerdì 15 febbraio 2013

Oggi scrivo: 8-2-2013, breve cronaca di una serata tra amici

Andava fatta, 'sta cena andava fatta: io, Riccardo e, finalmente, Marco Riva. Mancava solo Cristian.
Proprio Marco e insieme a Cristian li ho conosciuti grazie al blog e alla rete (sempre sia lodata) e alla passione comune per il buon bere. Siamo diventati amici e tra una sbevazzata e l'altra mancava solo la cena a casa mia.
Abbiamo stappato in ordine sparso: pinot grigio Kofererhof '09, Stella Flora '04 Maria Pia Castelli, pinot nero Arfena '07 Andrea Picchioni, verdicchio riserva Gli Eremi '10 La Distesa, Coulee de Serrant '04 Nicolas Joly e, portate infidamente coperte da Marco, rosso Conero La Gattara '04 di Fattoria San Lorenzo e uno strepitoso friulano bianco: Ronco delle Acacie 1992 di Abbazia di Rosazzo (Vigne di Zamò).
I preferiti: Ronco delle Acacie 1992 su tutti, all'alba dei 21 (!!!) anni è ancora perfettamente godibile: integro, evoluto e composto, davvero buono. Il verdicchio di Corrado Dottori, teso come una corda di violino eppur già pronto e buono da bere, il rosso Conero di Natalino Crognaletti, un filo rustico ma potente e gustoso.
Mica male il pinot Grigio di Kofererhof, anche se non ha incantato la platea è comunque finito prima del previsto, il pinot nero di Andrea Picchioni, svelatosi nella serata ma senza mai conquistare gli animi.
Stella Flora, bottiglia andata. Lavandino.
Ed eccoci al vero cruccio della serata: Coulee de Serrant. Pagata sessantaquattro euri dal sottoscritto un paio d'anni fa. Alcolico, residuo zuccherino e mancanza di nerbo. Giallo dorato, bello a dir la verità. Non mi è piaciuto, e nemmeno agli altri.
Alla fine all'una di notte ci siamo trasferiti al Vinodromo, dove lavora Cristian per un caffè.
Alle tazzine di caffè si si sono sostituiti calici di fiano (Cupo 2008) e Barolo (Flavio Roddolo 1994), quest'ultimo portato da Michele alle 2.30 del mattino.
Che fai, non te la bevi una boccia di Flavio Roddolo a quest'ora?
A lui abbiamo fatto assaggiare la mezza bottiglia avanzata di Coulee de Serrante: non solo non è piaciuta ne a lui ne a Cri, ma Michele, che ha avuto la fortuna di berla più volte, parla chiaramente di bottiglia sfigata e mal conservata. E vabbè, mi toccherà riprovare, passerà del tempo però...
Più tardi si è aggiunto al gruppo anche Alberto Piras, sommelier del ristorante Cracco e tra una chiacchiera e un bicchiere sono tornato a casa erano quasi le quattro del mattino.
Era avanzato giusto un mezzo calice di rosso Conero, mi spiaceva lasciarlo li...
E buonanotte.
P.S.: ho saputo che proprio Alberto Piras ha avuto un brutto incidente in moto. Spero che possa tornare in sella e a sbicchierare in fretta, il mio augurio, da amante del vino e da motociclista.