Qualcuno disse: il verdicchio è uno dei più grandi vini bianchi da invecchiamento che abbiamo in Italia.
Parole da scolpire nella pietra.
Il Cuprese è un Verdicchio Classico Superiore, cavallo di battaglia di Colonnara. Segue un protocollo di lavorazione superclassico che prevede la fermentazione in acciaio e la maturazione per qualche mese negli stessi contenitori. Poi bottiglia e tempo. Tanto, tanto tempo...
In realtà in passato il Cuprese era un Verdicchio Riserva, non so perché sia stato "declassato".
Abbiamo stappato le annate 2012, 2011, 2010, 2008, 2004, 2002, 2001, 1995, 1994.
Caleiodoscopico il 2010 che nel bicchiere alternava note di incenso (Mauro docet) a quelle più classiche di miele amaro, il vero fil rouge che legava questi 20 anni di verdiccio. Anche il pepe bianco ad un certo punto.
Giovani, giovanissimi il 2011 e il 2012. L'evoluzione si è iniziata a vedere col 2008, dove la maturità ha arrotondato i profumi, il miele è diventato più ricco e presente. Il sorso era perfettamente in linea: pieno e lungo, dolce di miele e secco in chiusura.
La 2004 aveva dei problemi purtroppo. Era ossidata, il tappo non ha tenuto.
Poi è stato il turno della famigerata vendemmia 2002, sempre Mauro discutendo dice: se c'è una bottiglia sulla quale non avrei scommesso è questa. Come dargli torto: insieme alla 2003 fu una delle vendemmie più problematiche del decennio scorso.
Il Cuprese 2002 è stato il vino della serata: quando si dice "l'eccezione che conferma la regola".
Nessun cenno di ossidazione, neanche l'ombra. Un naso talmente intenso, squillante e colorato da sembrare un altro vino. Potente, fresco, equilibrato, vivo. Dopo 11 anni di bottiglia.
Come abbiano fatto non lo so, comunque mi tolgo il cappello.
Davvero grande.
Molto buono il 2001, più classico, minerale. Per sua sfortuna aveva di fianco l'annata 2002.
Ed eccoci ai maggiorenni 1995 e 1994. Questi sono vini maturi che nonostante l'ossidazione evidente si mantengono vivi e integri.
Un'altra dimensione del verdicchio. Il 1994 forse era un gradino sopra, di sicuro aveva il fascino dei 20 anni.
Quattro lustri.
La cura giusta per chi, sbagliando, è ancora convinto che il vino bianco va bevuto giovane.
Per ultimi ma non meno importanti i ringraziamenti: a Mauro che ha voluto condividere anche con me questo piccolo tesoro e a Cristian, suo socio al Vinodromo che ha seguito tutta la parte organizzativa ed è stato oste d'eccellenza.
Il Vinodromo - Milano, in via Salasco 21
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1 giorno fa
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