martedì 20 febbraio 2018

Blogger è chi il blogger fa.
In pratica non scrivo su queste pagine da quasi un anno, ma chi se ne frega.
Nel frattempo mi sono sposato, ho finalmente ricomprato una moto e sono a un passo dai miei primi 40 anni.
E niente, ci tenevo a scrivere queste due righe, nell'attesa di tornare a parlare di vino.
Buone bevute a tutti.

giovedì 6 aprile 2017

Oggi bevo: banali riflessioni sulla banalità

Vendo vino in un'enoteca specializzata con una fiondata di etichette diverse.
Il pubblico è vario, mediamente curioso, la ricerca dell'autoctono sconosciuto o della novità del momento è all'ordine del giorno, è normale: la noia annoia.
Spesse volte mi è capitato di sentire "no, grazie, non bevo chardonnay". Sembra quasi che bere chardonnay sia da sfigati, salvo poi sifonare allegramente bottiglie di blanc de blanc come non ci fosse un domani.
Ammetto di esserci passato anche io, snobbare lo chardo è tappa fondamentale di ogni buon appassionato del buon bere. Vero è che le versioni nazionali del nostro sono poche volte memorabili.
Ma più passa il tempo e più devo arrendermi all'idea - che per il resto del mondo è una assodata verità - della nobiltà assoluta del vitigno.
Ultimamente tra i vini che più mi hanno colpito due sono stati, appunto, chardonnay.
Due vini molto diversi ma capaci di leggere il territorio facendosi veicolo tanto di questo quanto del varietale, mai banali, spiazzanti e buonissimi.
Il primo è stato il Guardiola (ora Passobianco) 2012 di Passopisciaro: uno chardonnay siciliano (!!!) nato appunto in contrada Guardiola sull'Etna in vigne prossime ai mille metri di altezza. Servito alla cieca nessuno ha pensato che potesse essere siciliano, tutti però hanno concordato sulla bontà del vino.
Il secondo è stato il Meursault 2008 di Pierre Morey. Borgogna, la terra promessa.
La sublimazione del rapporto tra terroir e vitigno. E trattasi di un banale Village che, nella scala gerarchica delle classificazioni borgognone sta piuttosto in basso. Eppure che bottiglia, ragazzi miei.
E' naturalmente durata non più di venti minuti e solo perché non era la prima. Ricco, finissimo e di classe inappuntabile.
Bonus una boccia stappata più di un anno fa ma che ricordo ancora in maniera cristallina: Borgo del Tiglio Chardonnay Selezione 2001. Ne avevo due bottiglie, una ossidata, l'altra da capogiro.
Tutto questo per dire, banalmente, quanto è buono lo chardonnay.

sabato 24 settembre 2016

Oggi bevo: Rosè Vintage 2013 - Monte Saline

I Blonde Redhead mi stanno accompagnando sulle righe di questo post.
Non che ci sia una particolare correlazione tra la musica e il rosato di Monte Saline, solo oggi va così.
Monte Saline dicevo, rosè Vintage 2013 nel caso.
Un rosato atipico se non altro nella concezione: da corvina veronese in purezza e"pressata intera a freddo con metodo Cremant. Da bere giovane o invecchiato fino a 3/5 anni".
Audaci.
Siamo in periodo di vendemmia e direi che questo almeno una trentina di mesi in vetro li ha visti.
Ed è buono. La stilistica prevede un colore molto chiaro, l'invecchiamento ne trasforma le tonalità.
L'acidità e il sale tracciano un sorso elettrico dall'anima molto bianca che non è facile trovare nei rosati italiani.
Atipicamente buono.

martedì 20 settembre 2016

Oggi bevo: Bonarda dell'Oltrepò Pavese doc Campo del Monte 2015 - Fratelli Agnes

La mia pigrizia nell'aggiornare il blog sta raggiungendo livelli siderali...
Comunque, la storia che mi ha portato a queste righe è andata più o meno così: un cliente che frequenta il negozio dove lavoro, un signore sugli ottanta che mi ha preso in simpatia, un giorno mi ha detto che sarebbe andato in Oltrepò a fare una gita. Conoscendolo e conoscendo i suoi gusti gli ho suggerito di andare a trovare i Fratelli Agnes, azienda portabandiera della bonarda di Rovescala.
E' andato ed è tornato contento, molto contento. Tanto che mi ha portato qualche bottiglia per sdebitarsi - una piccola soddisfazione, no?.
Ecco perchè adesso sono qui a godermi un bicchiere del Capo del Monte '15, appena tribichhierato dal Gambero Rosso tra l'altro.
Annata top, anche troppo. Avvertibile e apprezzabile il residuo zuccherino, scuro come la pece e succoso come la bonarda giovane dev'essere. Direi che rifermenta in autoclave, comunque è un dettaglio. Sarà che sono legato ai vini tradizionali e legati al territorio ma a me piace tanto.
Non si può vivere di solo Barolo, no?

sabato 11 giugno 2016

Apunti sparsi di sbicchierate non organizzate

La mia pigrizia nell'aggiornare il blog sta diventando leggendaria.
Ma per definirmi "blogger" - che un po' fa fico - devo bloggare.
Bloggo quindi sono.
E allora eccomi qui a scrivere due righe giusto per ricordare a me stesso qualche bottiglia che ha allietato il mio desco nell'ultimo indefinito periodo.
Dovrei iniziare dai riesling credo, perchè di sei o sette foto che seguiranno ben tre sono del vitigno che nel cor mi sta. E pensate che ho giusto giusto una bottiglia in frigo di Vosca '11 ad aspettarmi...
In ordine sparso: Il riesling '12 di Monsupello - di cui ieri ho scassato uno scintillante Nature - che dopo tre anni di vetro si presenta guadagna una complessità che non avrei detto davvero.
Il Gan Cru di Dirler Cadè "Saering" 2009: Alsazia, biodinamica, solo acciaio. Grasso e potente, una macedonia al naso e l'idrocarburo che tanto ci piace che inizia a farsi sentire. Certo, gli zuccheri sono un po' distanti dal mio gusto attuale ma cazzo che vino.
Ultimo ma non ultimo uno dei miei vini preferiti: Ettore Germano Riesling Renano Herzu 2006.
Forse la prima annata prodotta, forse una delle ultime bottiglie ancora in giro. Ora potrei mettermi qui a scriverne lodi sperticate e a incensarlo come un dio ma non farò nulla di tutto ciò, mi basta gongolarmi al ricordo di uno dei bicchieri più belli degli ultimi tempi.
Il Pietranera di Marco de Bartoli. Perchè, sapete, il Moscato ha tante faccie. E questa mi piace assai: da Pantelleria è uno zibibbo - quindi uno dei moscati - vinificato secco con mano leggera e piglio d'artista. Sarebbe bello assaggiarlo con qualche anno di vetro.
L'Instant Nature di Maurice Groumier, champagnista in Venteuil nella valle della Marna.
Non dosato e col 40% di vini di riserva elaborati col metodo Solera. Iodato, freschissimo, agrumato ed estremamente gourmand. Bottiglia monodose. E grazie al Buscia.
Ed ora siore e siori alla vostra attenzione due rossi, per par condicio.
Il primo è un Barolo ed è il base della premiata cantina Oddero in Santa Maria di La Morra proposto nella gloriosa annata 2010. Nonostante l'evidente gioventù era da tanto che non mettevo il naso in un vino di langa così piacevole, compatto e ricco senza per frza maledirmi per l'ipotetico infanticidio.
Un vino che sapeva di gioia.
Il secondo rosso e ultimo vino del post è sempre piemontese ma non nebbiolo. E' una barbera frizzante.
E già immagino i nasi che si storscono, i sorrisetti ironici e le battute sarcastiche...
Ridete voi, popolo bue e provate dopo a mettere nei calici la barbera Le Verrane 2012 di Vittorio Bera e Figli.
Poi ne riparliamo.








martedì 26 aprile 2016

Oggi bevo: Valpollicella Ca' Fiui 2014 - Corte Sant'Alda

E chi se lo aspettava.
E' una valpo base - che già tendo a snobbare - e costa almeno il 30% più delle altre. Per capirci: con gli stessi soldi porti in tavola un buon ripasso che per il consumatore medio in cerca struttura e dolcezza ha tutto un altro appeal.
Invece mi trovo nel calice un vino piccantissimo tutto frutta rossa e pepe nero con belle sventagliate verdi alla franc.
E se dopo sette minuti, a bottiglia finita, ci accorgeremo che non è un mostro di complessita e potenza (è snello, non magro) ce ne faremo una ragione.
Per i più curiosi: biodinamica certificata, fermentazione spontanea in legni grandi e almeno sei mesi di affinamento negli stessi.
Made by Corte Sant'Alda

lunedì 25 aprile 2016

25 Aprile, Festa della Liberazione

Una mattina mi son svegliato,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.

O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.

Mi seppellirai [Mi porterai / E seppellire] lassù in [sulla] montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire [Mi seppellirai / Mi porterai] lassù in [sulla] montagna
[sotto l'ombra] all'ombra di un bel fior.

E [Tutte] le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E [Tutte] le genti che passeranno
Ti diranno «Che bel fior!»

«È questo il fiore del partigiano»,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
«È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!